Sandra Petreni, classe 1973. Nata in un giorno di primavera a Poggibonsi in provincia di Siena. Uno spirito estroverso, energico, sapeva di voler dipingere fin dall’infanzia.
Cosa ti ha spinto ad intraprendere il tuo percorso di artista? Parlaci di te e della tua formazione.
A sei anni ho ricevuto il regalo più bello della mia vita dai miei genitori. Era una valigetta in legno con all’interno colori ad olio, un set variegato di pennelli con in aggiunta tela e cavalletto.
Da quel momento ho compreso che da “Grande” volevo dipingere.
E così feci. Fra i vari corsi frequentati con passione mi sono formata con un’accesa curiosità perenne. Dalla ceramica all’origami, dalla falegnameria alla cartapesta. Motivo per la quale a 14 anni scelsi di frequentare l’Istituto d’Arte a Porta Romana di Firenze. Anni i quali pomeriggi liberi dall’attività scolastica, praticavo in forma di “Apprendistato” nelle famose botteghe artigiane d’Oltrarno, per comprendere a 360° il mestiere.
Iniziai a lavorare dipingendo con la tecnica “trompe l’oeil” e realizzando “affreschi” ancor prima di completare gli Esami della maturità. Il mio obiettivo principale era dedicarmi durante il tempo libero ad appagare il mio desiderio di sperimentare tutte le tecniche pittoriche studiate ma anche quelle a me sconosciute.
I cavalli, invece, sono entrati nella mia vita quotidiana prepotentemente! Sul come mi sia avvicinata si potrebbe scrivere un ulteriore articolo, il racconto è onirico! Soggetti equidi non prevalsero ancora mai tra i miei dipinti, fino al momento in cui, Ufrasi, il mio primo cavallo morì tra le mie braccia. Il grande amore che provai per Ufrasi mi portò ad imprimere su tela la sua immagine. Il mio intento era di trovare un modo per fissare la luce dei suoi occhi, persi in un attimo di quotidianità.
Solo dopo quell’accaduto la mia formazione mi permise di capire che oltre ad esprimere la tecnica artistica studiata, potevo trasmettere i propri sentimenti ed emozioni.
Da quel momento fui consapevole del grande potere dell’Arte.
La tua arte è chiaramente ispirata alla corrente figurativa o ami esplorare altre?
In realtà durante gli anni ho sperimentato molte tecniche, dal Materico all’Astratto, dall’Informale alla Pop Art, per poi ritornare al Figurativo. Una scelta conscia per esprimere la mia arte attraverso il Figurativismo.
Che cosa vuoi esprimere attraverso questa tecnica?
Mi piace l’idea di poter fermare il tempo, l’attimo. Sono alla ricerca costante di imprimere sulla tela l’emozione ed il sentimento dell’istante vissuto. Di fissare a piccole e grandi pennellate: l’anima e l’energia del soggetto. Animale Nobile con cui ho convissuto molta parte dei miei anni, il quale cerco di capire e di comprendere il carattere continuamente.
Provengo da un’insegnamento molto accademico, di decorazione, più che di pittura “libera”. Una maniera di esorcizzare la tecnica appresa del decorativismo. Quando presi coscienza di poter dipingere oltre la realtà, ovvero di poter trasmutare le mie sensazioni in forme e colori, inconsciamente, mi approcciai trasferendo di getto su tela. Fu un modo per liberare la mia mano. Abbandonai i pennelli, e mi dedicai ad un ciclo di opere eseguite esclusivamente tramite l’utilizzo della spatola e di colori materici. Opere, la quale non rinnego e che in parte mi rappresentano, ma che considero pezzi di sperimentazione, esercizi per poi arrivare al Figurativismo di oggi.
Se osservate i miei dipinti, potrete vedere l’attenzione posta nella realizzazione dell’occhio del cavallo. Particolare che ho studiato costantemente per catturare l’anima e lo spirito dello stesso.
Anche nel Ritratto del cavallo, quando è presente la persona che lo ama, la mia ricerca consiste nel fissare l’energia del binomio. Quell’energia che scorre nella consapevolezza del momento e dell’attimo vissuto assieme.
È un’arte fatta di memoria. Le immagini dei cavalli dipinti non rappresentano solo essi stessi, ma sono il pretesto per raccontare storie ed emozioni.
Come ti approcci ad un nuovo quadro?
Di solito lavoro utilizzando le fotografie. Le osservo meticolosamente per un certo numero di ore, da punti diversi di prospettiva per poi decidere il punto di partenza, la tonalità di colori e la tecnica da utilizzare.
In realtà lascio la scelta all’istinto che oramai è stato influenzato e corrotto dalla lunga esperienza. Attendo il momento in cui mi sento pronta a dipingere quel soggetto studiato, come se lo conoscessi, come se l’avessi visto dal vero e l’entusiasmo prende il sopravvento.
Iniziando una nuova opera si accende una nuova scommessa con me stessa. Spesso durante un’inizio mi dico: “Sandra, vediamo ancora una volta cosa sai fare!” E di conseguenza, srotolo la tela, ne taglio un gran pezzo. Senza preoccuparmi delle misure. Si perché la sensazione entusiasmante è quella di eseguire un lavoro su tela libera, senza l’utilizzo del telaio. Solo una volta terminato il dipinto decido le misure esatte e applico il telaio alla tela. Questo processo lo applico poiché non voglio essere costretta da uno spazio delimitato. Voglio avere la possibilità di cambiare idea in corso d’opera, allungando o accorciando il soggetto e lo sfondo.
Ovviamente l’approccio al dipinto cambia molto tra i ritratti commissionati, in cui l’estro artistico ha uno spazio abbastanza limitato. Mentre quando si tratta di opere “spontanee”, in quel caso dipende molto da quello che ho voglia di esprimere in quel giorno. La mia mano cambia di giorno in giorno, è influenzata principalmente dal mio umore. Se provo gioia, tristezza o amore, le pennellate cambiano e di conseguenza i colori, quasi come se fosse una pittura “umorale”, per fortuna o sfortuna, la tecnica riesce a mitigare in parte, con molta concentrazione e studio.
Quanto tempo impieghi per realizzare una tua tela?
Dipende molto dalla tecnica utilizzata. Si prosegue dalle due alle tre settimane per i ritratti, tempo che aumenta se dipingo ad olio, oppure al contrario, due o tre giorni se l’emozione prende il sopravvento e devio nella sperimentazione.
Conosci l’arte iperrealista?
Certo che la conosco e l’apprezzo.
Gli Iperrealisti americani si aiutavano proiettando le fotografie sulla tela. Cosa ne pensi a riguardo?
Assolutamente d’accordo, d’altronde anche Caravaggio usufruiva della camera oscura, con giochi di specchi che riflettono le figure dei suoi modelli direttamente sulla tela. Ho usato anche io il proiettore per realizzare murales di enormi dimensioni, ma per le mie tele usufruisco principalmente la tecnica della quadrettatura o di linee guida. Non disegno molto, mi affido spesso quasi totalmente al colore.
È un approccio che condividi?
Certamente. Ogni mezzo che possa aiutare l’artista è ben accetta purché arricchisca le capacità espressive della mano dell’artista e non la sostituisca.
Quanta poesia, anche visiva c’è nella tua arte?
Credo che questo sia molto soggettivo. Io metto tutta la mia passione, anche nei quadri e nei ritratti commissionati cerco di esprimere la poesia del momento vissuto, l’anima del cavallo e quella dell’eventuale cavaliere.
La figura del cavallo, nel momento stesso in cui lo ritraggo, diventa espediente espressivo del mio mondo emotivo e della mia poesia, diventa quindi evocativo. Tendo a trasformare quanto c’è di più astratto, le emozioni, in qualcosa di tangibile e realistico. Nella mia arte figurativa la tecnica non può prescindere dalla poesia e viceversa. Non so se ci riesco. Posso solo cercare il mio modo di rinnovare i tradizionali procedimenti di pittura, alla ricerca di nuovi rapporti tra emozioni e rappresentazione dell’immagine.
L’arte per te è ricerca continua?
L’arte per me è sempre stata e sempre sarà ricerca continua. Questo però non significa che io vada mostrando la mia ricerca, che resta interiore e personale, fatta di sperimentazioni molto varie ed eterogenee.
La mia tecnica deriva da quelle botteghe artigiane di tempi passati, ma che con ardore, cerco di far tornare moderna e attuale, diventando spesso il fondo astratto delle mie opere. Spesso sono solo apparentemente realistiche. Strizzo l’occhio al concettuale con segnali fatti di colore, tratti e soggetti che spero portino lo spettatore ad un mondo che non è mai quello che d’impatto si vuole credere, mescolando e sperimentando il mio sapere a nuove sfide.
Nuove tecniche, nuove soluzioni?
Si, se mi andrà molto volentieri. Sono un’esploratrice, curiosa per natura, ma al mondo mostro solo quello che penso che si voglia vedere, o più che altro, che mi fa piacere che veda.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Vivo molto alla giornata, le idee nascono spesso di notte, da sogni. Le decisioni sono di impeto, per cui non so esattamente cosa farò. Ci sono molti grossi progetti in ballo, che di certo si realizzeranno nei prossimi tempi in forme ancora da ben definire, visto purtroppo, i tempi che corrono.
La cosa certa è che continuerò a dipingere perché oltre che a un lavoro è il motivo della mia vita.
Ti ringrazio Sandra per esserti raccontata. È stato veramente un piacere per me scovarti e aver avuto la possibilità di condividere l’aspetto fondante della tua vita con nostri lettori.