Il fieno si ottiene dallo sfalcio e successivo essiccamento, con metodi opportuni, dell’erba di prati a diversa composizione. Può sembrare banale, ma il fieno non è solo “erba secca” e la sua qualità dipende da molti fattori interni ed esterni quali la qualità delle erbe di partenza il momento dello sfalcio, il tempo atmosferico durante la fase di essiccamento, la presenza di materiali estranei e la conservazione. La qualità delle erbe varia molto nel corso dell’anno e persino con l’invecchiare degli steli nell’arco di poche settimane. Nelle nostre scuderie, di solito, è presente fieno maggengo (di primo taglio): questo, rispetto ai successivi, è il più fibroso (viene di solito sfalciato tardivamente) e il meno ricco di leguminose, quindi anche il più povero di proteine e calcio. Si riconosce in genere, rispetto agli altri fieni, per la presenza di steli più grandi e lunghi. Analizzando invece lo stadio vegetativo, i fieni risultano migliori se le erbe da cui sono composti sono sfalciate precocemente rispetto allo stadio vegetativo, all’inizio della fioritura. È in questo momento, infatti, che le erbe sono più ricche di nutrienti ben digeribili. Procedendo con lo sviluppo, invece, l’erba si fa più dura e fibrosa e molti principi utili “migrano” nei semi che cadranno a terra e non faranno parte del fieno. Un buon fieno dunque è quello di “sfalcio precoce”, con erbe non troppo fibrose e con fiori evidenti. Lo sfalcio tardivo garantisce invece il più alto quantitativo di fieno per sfalcio e quindi i dettami per l’ottenimento della massima qualità non sono sempre rispettati perché non coincidono con quelli per l’ottenimento della massima quantità. L’erba viene sfalciata per la fienagione quando sono previste due giornate di sole consecutive, in grado di garantire un corretto essiccamento. A volte, tuttavia, un acquazzone può giungere inaspettato a bagnare l’erba che sta seccando. In questi casi, il danno è minimo se l’erba è stata appena tagliata, ma diventa ingente se questa è quasi secca: in questo caso infatti molti nutrienti vengono “lavati via” dalla pioggia ed il fieno perde molto del suo potenziale. Il fieno che ha subito la pioggia si presenta di solito con un colore meno verde del normale, a volte addirittura giallastro o grigiastro. Il colore verde è invece tipico dei buoni fieni, ben raccolti e ben conservati. Ovviamente il fieno danneggiato dall’acqua avrà anche altri caratteri distintivi, come ad esempio la relativamente grande fibrosità, ma questo è apprezzabile solo attraverso adeguate analisi di laboratorio. Le condizioni di fienagione e raccolta sono spesso molto importanti ai fini della presenza o meno di materiali estranei: un fieno sfalciato molto vicino al terreno in campi irregolari e successivamente raccolto con scarsa cura, manterrà al suo interno tracce di terra evidenti e si presenterà dunque polveroso; addirittura si possono a volte rinvenire, soprattutto nelle rotoballe, pietre più o meno grandi. Altri materiali estranei ci “informano” indirettamente della provenienza del prodotto: rametti e foglie saranno tipici dei fieni raccolti al limitare dei boschi, oppure in prati che vedono la presenza di alberi; erbe dure e taglienti (le carici) sono invece tipiche di fieni raccolti in terreni umidi, oppure in prossimità di fossi o acqua stagnante. La presenza di questi materiali estranei non è solo fastidiosa, ma può essere in certi casi addirittura dannosa, in quanto la terra e le polveri, come già ricordato, possono irritare le vie aeree dei cavalli; le erbe taglienti possono provocare lesioni alla bocca e alla lingua. L’aspetto finale del fieno è sovente determinato, visivamente, dalle condizioni di conservazione. In primo luogo, i fieni conservati da lungo tempo si presentano giallastri, mentre quelli più recenti mantengono un colore verde che testimonia anche della presenza di un certo tenore residuo in vitamine. Sono da preferire dunque i fieni di colore più verde anche per questo motivo.
Fieni raccolti troppo presto (con umidità ancora superiore al 20% citato prima) e/o mantenuti in condizioni di eccessiva umidità si presenteranno poi ammuffiti. Non è difficile riconoscere un fieno ammuffito, sia dal tipico odore di muffa sia per il colore (vi sono di solito macchie bianche sugli steli) sia per la tipica liberazione nell’aria di una nuvola di spore quando si apre una balla o si divide dalla massa la porzione destinata ad un singolo cavallo. I fieni ammuffiti sono i più pericolosi, e non dovrebbero mai essere destinati ai cavalli, neppure come materiale di lettiera in quanto possono essere i responsabili dell’insorgenza di problemi respiratori.
Articolo della Dott.ssa Emanuela Valle Dipartimento di produzioni animali Università di Torino tratto dalla pagina Facebook del Dr. Andrea M. Brignolo
Club Member and past president presso SIVE International, Resident assistant presso UCDavis Veterinary Medical Teaching Hospital e Vicepresidente con delega agli Equini presso ANMVI Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani. Nel 2007 ha conseguito un Dottorato di Ricerca in Scienze Cliniche Veterinarie alla Facoltà di Medicina Veterinaria di Torino.
Ha scritto pubblicazioni sia scientifiche che divulgative pubblicate su riviste di settore e giornali a livello provinciale, nazionale ed internazionale ed effettua dal 1989 seminari, corsi ed incontri presso varie associazioni ed enti legati all’ambiente del cavallo sportivo.
Per maggiori informazioni sul Dr. Andrea M. Brignolo potete visitare il sito: www.andreabrignolo.com oppure la pagina Facebook: @andreabrignoloveterinario
Dr.Andrea M. Brignolo
Medico Veterinario DVM-PhD
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