“Datemi un punto d’appoggio, e muoverò la terra”, citazione famosa di Archimede, con la quale orgogliosamente espresse per la sua scoperta del principio di leva.
L’appoggio è nelle tante interpretazioni inteso come un sostegno. Nel corpo umano ciò che più ci sostiene che ci rapporta con l’ambiente in una condizione di statica e dinamica è certamente il piede. Il piede una natura di capolavoro, visibilmente testimoniato da Leonardo da Vinci nelle sue magnifiche tavole di anatomia. Durante i primi mesi di vita siamo praticamente fermi, stiamo sdraiati sulla schiena e osserviamo il mondo che ci circonda. Iniziamo a prendere consapevolezza di essere in una nuova dimensione. Verso i tre mesi s’ inizia a scoprire che abbiamo mani e piedi e che risultano molto interessanti, tanto da farli divenire dei “ciucci”. Lentamente scopriamo il nostro corpo, imparando a usarlo sempre con più destrezza. Ad un certo punto quelle mani e quei piedi da ciucci si trasformeranno in appoggi guadagnando la nostra evoluzione. Ognuno con la propria storia, piedi unici con appoggi unici. E così ognuno di noi ha un proprio modo di stare in piedi in appoggio, un proprio modo di camminare e muoversi e relazionarsi con l’ambiente. Da qui si comprende quanto gli appoggi possano influenzare l’intera organizzazione motoria, e quali stimoli inviano alla corteccia cerebrale. Come nel caso di L. anni 35 che da circa 20 mi racconta di aver sempre una gran sofferenza agli arti inferiori, nello specifico alle caviglie, in modo particolare alla destra, quanto monta a cavallo. Tutto questo le ha sempre creato una frustrazione nel non poter vivere appieno il suo momento a cavallo. Ed inoltre nel sentirsi inadeguata nella sua camminata a “papera”, così la definisce. Dopo una analisi posturale in statica e dinamica, in cui emerge questo atteggiamento evidente in apertura della punta dei piedi, un eversione del calcagno e un piede piatto, noto in particolare che L. ha la necessità di avere un ampio appoggio e una controtorsione destra a carico di D12 L1 L2 L3 (vertebre dorsale e lombare), inoltre una maleocclusione dentale, compromettendo una limitazione di apertura mandibolare con scrosci articolari molto evidenti al limite del dolore, inoltre soffre di emicrania temporale destra. Dopo aver raccolto i dati, ho iniziato con un lavoro propriocettivo negli arti inferiori con l’ausilio di piccoli rulli semirigidi e di un piano in poliuretano per i piedi. Man mano, l’integrazione funzionale prendeva sempre più consapevolezza. Il respiro diveniva sempre più ampio la colonna vertebrale si allineava sempre di più l’apertura della mandibola si faceva sempre più ampia ma soprattutto il dolore e lo scroscio erano quasi completamente scomparsi. Nella stazione eretta, dopo il trattamento, l’appoggio era molto diverso sia in statica che in dinamica, la controtorsione quasi nulla e la bocca e l’espressione del viso molto più distesa.
Quando
Premessa – era la prima lezione di Integrazione Funzionale Metodo Feldenkrais per L., immaginate le successive, quanta evoluzione in consapevolezza.
Antonella Lioce
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Il Metodo Feldenkrais può essere insegnato esclusivamente da insegnanti diplomati a seguito di una formazione quadriennale.
Fisioterapista dal 1987 e insegnante del Metodo Feldenkrais® dal 2001. Il suo lavoro si sviluppa nell’educare all’approccio globale dell’intero organismo, una “fisioterapia biomodulare”. Negli ultimi anni ha sviluppato un attenzione specifica sul benessere e sui bisogni delle persone a 360°. Amante dei cavalli da sempre, si è avvicinata in maniera attiva e costruttiva al mondo dell’equitazione. Sperimenta in prima persona i benefici del Metodo Feldenkrais® a cavallo. Condivide le proprie competenze ed esperienze sia in ambito individuale che di gruppo con tutti i cavalieri/amazzoni principianti e avanzati. Attraverso lezioni individuali di gruppo ha aiutato cavalieri/amazzoni afflitti da dolori, cattive abitudini e ansie a migliorare le proprie abilità equestri. Tiene Lezioni in tutta Italia.
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