Il cavallo nella storia. Gli antichi non si limitavano a descrivere le azioni dei cavalli; ne hanno osservato anche sentimenti ed emozioni.
Anche gli autori antichi hanno osservato e studiato la psicologia del cavallo. Spesso gli hanno attribuito emozioni e comportamenti umani, creando un ponte affascinante tra realtà e leggenda. Le loro opere riflettono una profonda ammirazione per questo animale, tanto da descriverlo come un essere capace di provare gioia, tristezza, ambizione e persino senso di giustizia.
Gli antichi spesso personificavano i cavalli, attribuendo loro la capacità di provare orgoglio e trionfo. Ovidio, ad esempio, descrive i cavalli che si rallegrano dopo una vittoria, alzando fieramente la testa al plauso della folla. Questa rappresentazione antropomorfica, dove il cavallo non solo comprende il successo ma lo vive con intensità, suggerisce un legame emotivo tra l’animale e l’evento competitivo.
Plinio il Vecchio, nelle sue descrizioni dettagliate, va oltre, raccontando episodi straordinari in cui i cavalli da corsa dimostrano una sorta di consapevolezza e determinazione. Un esempio celebre è quello dei cavalli che, pur senza il cocchiere caduto, continuano a gareggiare nel circo, sbarrando la strada agli avversari come farebbe un abile stratega. Questi racconti non solo glorificano le capacità dei cavalli ma li elevano a protagonisti in grado di comprendere e perseguire la gloria, indipendentemente dall’uomo.
La letteratura antica attribuiva anche ai cavalli sentimenti di lealtà e dolore, soprattutto nel contesto della guerra. Gli scritti di autori come Omero raccontano di cavalli che piangono la morte del loro cavaliere, rifiutando di muoversi e mostrando un dolore che pare quasi umano. Questo dolore, descritto in modo dettagliato, riflette la profonda connessione tra cavallo e cavaliere, suggerendo che l’animale possa provare un genuino senso di perdita.
Un altro esempio significativo è riportato da Filarco, che racconta la storia del cavallo di Antioco. Dopo la morte del suo padrone per mano di Centareto, il cavallo si getta in un precipizio con il nuovo cavaliere, in un atto estremo di fedeltà. Questo gesto viene visto come una dimostrazione del forte legame emotivo tra cavallo e cavaliere, un legame che può trascendere la morte.
La rappresentazione dei sentimenti dei cavalli nella letteratura antica offre un affascinante viaggio tra mito e realtà. Gli autori dell’epoca, pur adornando spesso le loro descrizioni con elementi leggendari, riflettono un rispetto e un’ammirazione profondi per questi animali. La loro narrativa ci mostra come i cavalli venissero visti non solo come compagni di guerra e competizione, ma anche come esseri capaci di provare emozioni simili a quelle umane. Questo ci ricorda quanto gli antichi apprezzassero e comprendessero l’importanza dei cavalli nella loro vita, anche se talvolta attraverso il velo della leggenda.
Gli antichi non si limitavano a descrivere le azioni dei cavalli; spesso attribuivano loro anche sentimenti complessi e profondi. Tuttavia, la domanda rimane: questi racconti sono semplici favole o riflettono una vera comprensione del comportamento equino? La risposta non è semplice. Da un lato, gli autori antichi tendevano a romanticizzare le qualità dei cavalli, influenzati dal loro ruolo centrale nelle competizioni, nella guerra e nella vita quotidiana. Dall’altro, molti comportamenti descritti, come la capacità dei cavalli di seguire comandi complessi o di mostrare affetto, trovano riscontri nella moderna etologia animale.
Fonte: Paul Vigneron, Il cavallo nell’antichità, SugarCo Edizioni, 1987, pp. 28-30
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