I vostri puledri stanno per arrivare. Avete seguito e curato le vostre fattrici che a breve vi faranno vivere il miracolo della vita. Tutti i vostri dubbi e i vostri timori, in pochi minuti, si dissolveranno negli occhi di quella magnifica creatura che vi guarderà per la prima volta. Negli ultimi mesi vi sarete chiesti se è il caso, oppure no, di lasciare il vostro imprinting sul puledro. Avete studiato, vi siete documentati ma le notizie e i dati che avete trovato a riguardo sono discordanti. Allora cosa fare?
Cerchiamo di capire, innanzitutto, cos’è l’imprinting. L’imprinting è un particolare processo di apprendimento che si verifica, in un preciso momento della vita, producendo determinati comportamenti di attaccamento. Il fenomeno fu scoperto durante gli anni Trenta del 20° sec. dallo scienziato austriaco Konrad Lorenz mentre stava conducendo degli esperimenti sul comportamento delle oche.
La maggior parte degli studiosi hanno analizzato le caratteristiche dell’imprinting eseguendo esperimenti sui volatili. Col tempo si è dimostrato che lo stesso fenomeno si verifica anche nei mammiferi, come cani, pecore, capre e cavalli. Il primo a notare che l’imprinting si verificava anche nei cavalli è stato il dr. Robert M. Miller che nella sua carriera di veterinario, per ragioni ostetriche, ha maneggiato i puledri alla nascita; questo gli ha permesso di notare che essi erano più docili di quelli che avevano avuto un minore contatto umano. Sospettando che vi fosse coinvolto il fenomeno descritto da Lorenz ha studiato e approfondito la possibilità di farlo verificare nei cavalli e ha ideato una procedura di manipolazione precoce del puledro che consiste nel sottoporlo, subito dopo la nascita, ad una serie di stimoli e ha definito l’intero processo “Imprint Training”.
Forse, il fatto che il dr. Miller abbia associato il termine “training” a “imprinting” ha fatto pensare ad un ossimoro, creando false aspettative e generando tutta una serie di contraddittorietà. Così negli ultimi decenni molti studiosi hanno indagato il fenomeno e i suoi effetti nei cavalli e secondo alcuni non vi è alcuna evidente differenza tra i puledri che sono stati sottoposti all’imprinting e puledri che non l’hanno avuto.
Quando mi chiedono di esprimermi in merito a questi dati contraddittori penso immediatamente a due fattori. Il primo è che il fatto che anche nei cavalli si verifichi l’imprinting non vuol dire che il fenomeno si replichi esattamente come nei volatili se non altro perché sono due specie completamente diverse. Il secondo è indagare il ruolo che l’uomo ha dato alla fattrice. Chi pensa di poter replicare gli esperimenti di Lorenz sui puledri è completamente fuori strada e il dr. Miller nei suoi testi affronta abbondantemente il discorso sia quando analizza il ruolo della fattrice e quello dell’uomo e sia quando spiega che i puledri vivono l’esperienza di un imprinting multiplo.
Il ruolo della fattrice è centrale in tutto il processo, se questa non ha piena fiducia nell’essere umano non permetterà mai a quest’ultimo di toccare il suo puledro né subito dopo la nascita né nei mesi successivi. In questo caso qualsiasi intervento sul puledro sarà vanificato e la fattrice non farà altro che insegnare al suo piccolo a diffidare e a temere la persona. Non è assolutamente vero che essere presenti al momento della nascita interferisce nel legame con la madre. Anzi la fattrice che ha piena fiducia nell’uomo sarà rassicurata dalla sua presenza (soprattutto se primipara) e quella stessa fiducia la trasmetterà al suo piccolo e lo asciugherà e riscalderà insieme al suo “amico uomo” che naturalmente dovrà avere la sensibilità di capire quando lasciare l’intimità ai due e permettergli di riposare.
Se il fenomeno dell’imprinting non “funziona” è dovuto o a una pessima influenza della madre sul piccolo o a una manipolazione inappropriata. Coloro che hanno attuato la procedura di Imprint Training così come descritta da Miller il giorno dopo la nascita e poi hanno avuto, successivamente, l’occasione di far verificare semplicemente il fenomeno dell’imprinting esattamente nella fase sensibile sono testimoni di una evidente differenza di atteggiamento tra i puledri imprintati e quelli no. Un buon imprinting limita futuri atteggiamenti offensivi o difensivi verso l’uomo, agevola le operazioni di manualità sul cavallo, riduce gli sforzi dell’addestramento successivo e il rischio di lesioni e traumi. L’errore più comune che viene commesso è quello di praticare una procedura di manipolazione precoce quando il puledro ha già compiuto un giorno di vita. Perché la procedura coinvolga anche il forte legame che si instaura attraverso il fenomeno di imprinting è necessario che l’uomo sia presente al momento della nascita, non esistono comodi compromessi. Qualsiasi altra versione sarebbe una semplice tecnica di addestramento.
Praticare un imprinting corretto è la base per far crescere il nostro puledro sano e fiducioso nei confronti dell’essere umano. La pratica è minuziosamente descritta nel libro Imprint Training del puledro appena nato di Robert M. Miller. Il libro, pubblicato per la prima volta negli USA nel 1991, ha cambiato, in tutto il mondo, il modo di interagire con i puledri, migliorando la loro vita e quella dei loro cavalieri. Più di 200 foto vi guideranno nella formazione e nella crescita del vostro puledro. Il testo, disponibile anche in italiano, è ordinabile presso tutte le librerie in territorio nazionale oppure lo si può acquistare presso lo store de I misteri del cavallo, nelle principali librerie on line oppure presso ElephantsBooks.
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