Nei film, spesso siamo trasportati in mondi affascinanti dove i cavalli da corsa e i loro fantini formano legami profondi e quasi mistici. Pellicole come “Seabiscuit – Un mito senza tempo” e “Secretariat – Un anno da ricordare” ci dipingono quadri suggestivi di coraggio, determinazione e grinta nelle corse, trasformando le competizioni equine in epiche battaglie dove il desiderio di vincere è palpabile sia nei fantini che nei cavalli. Ma quanto di questo è reale? I cavalli da corsa sanno davvero di essere coinvolti in una gara, e nutrono il desiderio di vincere?
Quando i cavalli da corsa scendono in pista, l’atmosfera è carica di tensione e aspettative. Ma cosa passa per la mente di questi animali? La domanda se i cavalli siano consapevoli di gareggiare è stata oggetto di dibattito tra esperti di comportamento animale.
Nei film, il rapporto tra cavalli e fantini è spesso presentato come un’interconnessione profonda, in cui entrambi condividono un desiderio ardente di vincere. Tuttavia, nella realtà, la comprensione di un cavallo riguardo alla natura competitiva della corsa è più complessa di quanto possiamo immaginare.
Alcuni esperti suggeriscono che i cavalli, essendo animali sociali, potrebbero partecipare alle corse più come parte di un gruppo che con un chiaro concetto di competizione individuale. Ma la loro volontà di correre potrebbe derivare dall’istinto di rimanere insieme al gruppo, piuttosto che da un desiderio di vincere per sé stessi.
Quando i cavalli entrano in pista, il ruolo chiave della persona diventa evidente. Attraverso segnali e comandi, il fantino guida il cavallo durante la corsa. Tuttavia, il grado di consapevolezza del cavallo sulla natura competitiva della situazione è ancora oggetto di speculazioni.
Nel tentativo di incoraggiare al massimo i cavalli, i fantini impiegano frustini e segnali per comunicare con i loro compagni di corsa. L’utilizzo di tali stimoli modifica il loro comportamento, al punto che essi anticipano ciò che li attende in pista. Pur non comprendendo il concetto di “vittoria”, i cavalli si abituano alle competizioni e memorizzano il rituale. Non sono consapevoli della necessità di arrivare primi, ma capiscono l’urgenza di correre più velocemente degli altri, non per il desiderio di vincere, bensì perché lo impone l’umano che hanno sulla schiena.
Fonte: The Conversation,
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