La preparazione del cavaliere richiede metodo e tecnica ma se non lavora anche su “se stesso” non riuscirà mai ad assimilare tutte le nozioni.
Spesso capita di incontrare delle difficoltà a trasmettere quello che vogliamo, e non con tutti si riesce a raggiungere lo stesso risultato. A volte siamo talmente ossessionati dal riuscire ad inculcare le migliaia di regole della tecnica equestre, qualsiasi essa sia, che ci dimentichiamo di una cosa molto importante : “davanti a noi abbiamo due esseri fragili e completamente diversi tra loro”. E questi esseri, dovranno convivere o quanto meno condividere dello spazio e del tempo.
Mi è capitato di ascoltare lezioni, dove l’istruttore, indicava al cavaliere più o meno animatamente, cosa il cavallo dovesse fare. In quale modo il cavaliere doveva impartire i comandi e con quale tecnica. Mi è capitato alla fine di queste ore di lezione, non capire effettivamente quale fosse il risultato ottenuto. L’importante, era essere comunque arrivati in fondo ad uno slalom o oltre qualsiasi genere di ostacolo.
Non dobbiamo mai perdere di vista una cosa importante quando davanti a noi abbiamo “il cavaliere” del binomio : “Dovrà essere pronto a tutto”. Dobbiamo cercare di farlo guardare dentro di se, cercando di strappargli qualcosa di solo suo, quel qualcosa che lo lega ai cavalli e lo tiene in sella. Qualunque cosa essa sia, qualsiasi benzina faccia bruciare la sua passione per i cavalli, dovremmo essere in grado di rabboccare il suo serbatoio.
Nell’equitazione moderna, perdiamo spesso di vista questo elemento andando diretti al metodo e alla tecnica perché siamo abituati ad appoggiare troppo spesso lo sguardo solo sul cavallo. Beh, fa parte dell’uomo: “pensare di essere perfetto”. Molto spesso è necessario lavorare sulla persona. Perché possa accrescere un bagaglio che sarà un misto di : “lealtà, calma, pazienza, perseveranza e comprensione”. La cosa più difficile per un istruttore, sarà migliorare il cavaliere su questi aspetti perché di tecnica c’è n’è tanta da imparare e senza di loro sarà impossibile assimilarla tutta.
C’è bisogno di crescere i giovani cavalieri su concetti che vanno ben oltre il come utilizzare le gambe e le mani, se vogliamo che non si abbattano alla prima difficoltà o peggio, accrescano “Rabbia e Frustrazione”. C’è bisogno di stimolare la loro curiosità, perché imparino ad utilizzarla con il proprio cavallo o con quelli che si troveranno in di fronte.
… non c’è premio che ripaghi la soddisfazione di un ottima sessione di preparazione …
Massimo Pierini
Massimo Pierini, nato a novembre del 1976. La sua vita equestre inizia da dodicenne arricchendosi di particolari negli anni.
Partito dalla monta inglese è arrivato a quella western, fermandosi in diverse tappe. Principali tra queste la doma e l’addestramento, prendendo spunti dall’equitazione moderna senza però rinnegare ciò che è stato tramandato dall’arte equestre di un tempo; l’avvicinamento del puledro, fino all’imprinting del puledro appena nato.
Durante il suo percorso ha sempre posto in primo piano la relazione uomo cavallo all’interno del binomio, comprendendo la necessità di trovare punti di dialogo univoci nel binomio stesso. Nel corso del tempo ha avuto modo di lavorare con binomi, aiutando a far loro trovare un filo conduttore che li unisse dando spunti di crescita.
Per maggiori informazioni sul Massimo Pierini, le sue attività e le sue riflessioni potete visitare il blog Horses and Men oppure chiedere “l’amicizia” sul suo profilo FaceBook Massimo Pierini
Massimo Pierini
email: massimo.pierini@gmail.com
Un dono da ogni cavallo
di Massimo Pierini
“Un dono da ogni cavallo” di Massimo Pierini è un libro pubblicato nel 2018 che parla di cavalli e di uomini. Racconta la storia di un ragazzo che cresce in una valle sperduta e impara a coniugare gli insegnamenti del passato con la sua esperienza personale e le esperienze più moderne in campo etologico e addestrativo.
Il testo si compone di tre storie. Nei suoi anni di “vita letteraria”, il libro ha “donato” ai suoi lettori molto più che belle storie e buoni sentimenti. Ogni recensione, ogni feedback ricevuto rivela una personale interpretazione del testo, emozioni diverse, ricordi diversi.
Per Maria Cristina Magri di “Cavallo Magazine”, Massimo con il suo libro ha messo in luce «l’aspetto poco illuminato» del lavoro e dei sentimenti dell’addestratore che per mesi e mesi lavora con un cavallo per risolvere problemi difficili, instaura con lui un legame stretto come un nodo «e poi arriva qualcuno che prende il cavallo, lo carica su un van», se lo porta via e con molta probabilità non lo incontrerà mai più.
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