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La rivoluzione dell’equitazione e i rinforzi negativi

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La rivoluzione dell’equitazione passa attraverso tre addestratori che hanno basato i loro metodi su un attento e raffinato utilizzo dei rinforzi negativi.

Premiare il cavallo ogni volta che esegue un comportamento corretto lo rende disponibile a imparare. È un errore, però, considerare premio solo il rinforzo positivo. Il premio corrisponde al rinforzo in sé, sia esso positivo o negativo.  Il rinforzo negativo non è una punizione, non è un’azione “cattiva” e “violenta”. Il termine “negativo” ha una valenza unicamente “matematica” perché si basa sul “sottrarre” in modo tempestivo uno stimolo disagevole. Il suo fine è quello di dare sollievo appena l’animale compie una corretta risposta comportamentale.
Kell B. Jeffery, Monty Roberts e Pat Parelli, tre celeberrimi addestratori, hanno chiaramente mostrato come un attento e raffinato utilizzo dei rinforzi negativi ha cambiato la storia dell’equitazione.

Kell B. Jeffery, addestratore australiano, fu un pioniere della manipolazione del comportamento equino. Egli opponendosi agli addestramenti grezzi e violenti della maggior parte dei suoi conterranei, sviluppò un nuovo metodo, che denominò “attacco e ritirata“. La tecnica consisteva in una “presa magica” esercitata da un lazo munito ad un’estremità di un anello di metallo che veniva posto intorno al collo del cavallo. L’anello aveva la funzione di un cappio stringente: se il cavallo si allontanava dall’uomo il cappio si stringeva lasciando l’animale senza fiato (stimolo disagevole), se il cavallo si avvicinava all’addestratore il cappio si allentava (stimolo disagevole rimosso, e cavallo messo in uno stato piacevole). Il cavallo imparava velocemente ad associare il suo avvicinamento all’uomo alla scomparsa dello stimolo avverso. Tale tecnica, applicata con l’opportuno grado di intensità, permetteva all’addestratore di avvicinare qualsiasi cavallo fino a toccarlo, accarezzarlo su tutto il corpo, insellarlo ed infine cavalcarlo.

Verso la fine del ‘900, Monty Roberts ha rielaborato il “metodo Jeffery” suddividendo la tecnica di “attacco e ritirata” in due fasi successive: il “Join Up” (associazione) e il “Follow-Up” (seguimi). Questi due momenti richiedono un’approfondita conoscenza del linguaggio dei cavalli. Infatti Roberts aveva decodificato il loro metodo comunicativo redigendo un vero e proprio “dizionario” articolato in più di 170 frasi denominandolo “Equus“. Nella fase di Join Up l’addestratore assume le posture tipiche dei predatori per indurre il cavallo a fuggire da lui (rinforzo negativo).  Continua quindi a mandare stimoli disagevoli finché il cavallo comincia a mandare dei segnali di negoziazione: movimento dell’orecchio interno, movimenti di masticazione e abbassamento della testa. A questo punto, l’addestratore cessa di assumere l’atteggiamento di sfida, interrompe lo stimolo disagevole e assume una postura passiva e non aggressiva. Il cavallo lo raggiunge e lo segue ovunque accettando il suo comando, segnando il momento del Follow up.
Emerge un “metodo Jeffery” riveduto e corretto ma similmente basato su dei rinforzi negativi. Infatti, gli atteggiamenti aggressivi suggeriti da Roberts rappresentano stimoli disagevoli poiché incutono paura all’animale.

La logica delle prede è stata ampiamente sviluppata nella tecnica proposta da Pat Parelli il quale ha messo a punto “Il metodo di Equitazione Naturale“. La tecnica prevede l’esecuzione di sette “giochi”. Questi giochi simulano i comportamenti che i cavalli assumono per stabilire la scala gerarchica nel branco. L’uomo imitando questi movimenti impara a pensare come un cavallo, a comprendere il suo linguaggio e a migliorare la comunicazione guadagnandosi la sua fiducia e il suo rispetto. Ad esempio, nel “gioco dello yo-yo” l’addestratore insegna al cavallo a indietreggiare scuotendo, con intensità crescente, la lunghina al fine di esercitare una pressione sulla capezza (rinforzo negativo). Tale pressione deve essere immediatamente rimossa non appena il cavallo, per trovare sollievo, accenna a dei movimenti, imparando in questo modo ad associare la sua risposta al rilascio della pressione. Il metodo Parelli si concentra quasi esclusivamente sui rinforzi negativi, poiché il cavallo impara un determinato comportamento per evitare uno stimolo avverso. Tuttavia il termine “gioco” nell’uso comune è diventato fuorviante facendo pensare a eventi gioiosi e spensierati. Tale scelta lessicale, purtroppo, ha creato ulteriore confusione sul significato, sull’utilizzo e sul valore dei rinforzi negativi.

Questi tre metodi hanno fornito agli amanti dei cavalli spunti di riflessione e un’alternativa ai metodi tradizionali sostituendo quasi definitivamente l’utilizzo di mezzi violenti e coercitivi.

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Serena Cappello

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