I cavalieri italiani del Novecento erano considerati incomodi e pericolosi concorrenti, costringendo gli oppositori a riconsiderare le loro critiche di fronte all’evidenza dei fatti.
Durante il primo Novecento, la Scuola di Cavalleria Italiana divenne un punto di riferimento globale per l’equitazione. Delegazioni straniere, rappresentanti delle più prestigiose cavallerie del mondo, visitarono la Nostra scuola per osservare e imparare. Questo interesse non era dettato solo da cortesia, ma da una genuina ammirazione per le competenze e le tecniche sviluppate in Italia. Francia, Germania e Austria, seppur avendo proprie tradizioni consolidate, non poterono ignorare i successi italiani.
Uno dei pilastri del successo dell’equitazione italiana fu Federico Caprilli, innovatore nel campo dell’equitazione militare. Caprilli, con le sue tecniche rivoluzionarie, trasformò l’approccio tradizionale alla cavalleria, concentrandosi sull’armonia tra cavallo e cavaliere. Purtroppo, la sua prematura scomparsa privò l’Italia di un punto di riferimento cruciale, lasciandoci solo note frammentarie che formarono la base del regolamento d’esercizi.
La passione e l’abilità dei cavalieri italiani non si limitarono alla sfera militare, ma si estesero anche allo sport ippico. In pochi anni, questo sport conobbe un notevole sviluppo in Italia, con numerosi concorsi che attiravano un grande numero di concorrenti. Questi cavalieri, consapevoli delle proprie abilità, iniziarono a competere all’estero, riportando brillanti vittorie e affermando il nome dell’Italia come una forza temibile nel panorama equestre internazionale.
L’equitazione italiana nel ‘900 non solo raggiunse alti livelli di competenza e abilità, ma riuscì anche a imporre il proprio nome a livello internazionale. Gli oppositori e gli increduli dovettero riconoscere la superiorità italiana, evidenziata dai successi nei concorsi e dalla stima ricevuta da prestigiose cavallerie straniere. L’eredità lasciata da figure come Caprilli continua a influenzare l’equitazione moderna, testimoniando l’importanza storica e culturale della nostra scuola di cavalleria.
Francesco Amalfi, Scritti Equestri, a cura di Mario Gennero, zoraide editore, 2024, pp. 31-32
Nel panorama della cavalleria italiana del Novecento, la figura di Francesco Amalfi si distingue come emblema di coraggio e dedizione, incarnando l’evoluzione dello sport equestre. Senza lasciare opere firmate, la sua voce si è fatta strada attraverso le pagine della rivista “Il Cavallo Italiano” e una preziosa collezione di manoscritti, lettere e dattiloscritti che narrano di dedizione, innovazione e amore per l’equitazione. Mario Gennero, con instancabile cura filologica, porta alla luce queste testimonianze inedite, offrendoci un viaggio nelle profondità della storia dell’equitazione italiana.
Questi documenti offrono uno sguardo intimo sulle innovazioni e sul profondo amore di Amalfi per l’equitazione, seguendo l’insegnamento pionieristico di Federico Caprilli verso una concezione rinnovata dell’arte equestre. Arricchiscono l’opera fotografie d’epoca, che non solo catturano momenti personali ma anche il contesto storico, trasformando il libro in un prezioso documento visivo e un omaggio vibrante a un maestro dell’equitazione. Questo volume rappresenta non solo un omaggio a Francesco Amalfi ma anche un invito a riscoprire l’essenza dello sport equestre, lasciando che il suo spirito continui a ispirare le generazioni future. Un tesoro di sapienza e passione che, grazie a Gennero, rimarrà vivo nel tempo, perpetuando l’eredità di un maestro indimenticabile.
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