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Leonardo Da Vinci e il Gran Cavallo incompiuto

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Il Gran Cavallo incompiuto: una scultura equestre che (a dispetto del suo nome) ha impiegato più di V secoli per essere realizzata.

Leonardo Da Vinci (1452-1519) fu inviato a Milano nel 1482 come ambasciatore artistico dal mecenate fiorentino, Lorenzo de’ Medici, detto Lorenzo il Magnifico (1449-1492).

Il trasferimento nel Ducato di Milano diede l’opportunità al trentenne Leonardo di offrirsi come scultore, architetto militare e ingegnere a Ludovico Sforza.

Leonardo da Vinci e la commissione del monumento equestre

A Firenze raggiunse la fama di pittore grazie all’apprendistato presso Andrea del Verrocchio (1435-1488). Il maestro gli diede un’educazione artistica completa. L’esperienza comprese studi di geometria, delle scienze naturali e della musica. Studiò anche scultura, pittura e architettura.

Nell’anno del suo arrivo, Ludovico il Moro gli commissionò un monumento equestre. Egli voleva dedicare l’opera alla memoria del padre Francesco Sforza, fondatore della casata degli Sforza.

Leonardo, prima di creare il modellino in creta, studiò minuziosamente, per molto tempo, l’anatomia dei cavalli. La statua equestre fu progettata a lungo dal genio toscano, dal 1482 al 1493.

Nella seconda bozza abbandonò l’idea di un cavallo rampante. Così realizzò un modello in creta. Il suo cavallo avrebbe dovuto poggiare su tre zampe. Le dimensioni della scultura supposte erano enormi: oltre sette metri di altezza. Erano previste dieci tonnellate di bronzo per la fusione.

L’opera, ahimè, non fu completata. Infatti, la Francia invase il Ducato d’Este. Il bronzo destinato al Gran Cavallo fu utilizzato per realizzare i cannoni di difesa di Milano. Nel 1499 quando i francesi invasero la città, Leonardo fu costretto a fuggire. Abbandonò il modello in creta il quale fu distrutto dai balestrieri francesi che lo utilizzarono come bersaglio.

La speranza nella raccolta fondi ideata da Charles Dent

Charles Dent, (1917-1994) pilota statunitense e collezionista d’arte, scoprì per caso, su un numero della rivista National Geographic nel 1978, la storia del cavallo incompiuto di Leonardo. Il suo particolare interesse per i bronzi e i marmi rinascimentali gli fece fondare, nel 1982, la “Leonardo da Vinci’s Horse Foundation” (LDVHF), come organizzazione senza scopo di lucro.

Il suo sogno era realizzare il Gran Cavallo come espressione di gratitudine per Leonardo e il Rinascimento. Secondo i suoi principi doveva essere restituito al Popolo Italiano come un gesto di buona volontà internazionale e di pace.

Tramite una raccolta fondi, durata per quasi 15 anni, riuscì a raggiungere la somma di 2,5 milioni di dollari: importo necessario per la realizzazione dell’opera. Ma nel 1994, il progetto si fermò: Charles Dent morì. Proprio come Leonardo, aveva lavorato per 17 anni senza terminare l’opera.

“Leonardo da Vinci’s Horse Foundation” e la realizzazione del progetto

Il nipote di Charlie, Peter C. Dent prese le redini in mano e, con l’aiuto di innumerevoli donatori, continuò il progetto del LDVHF.

La scultura, rimasta incompleta al momento della morte di Charles Dent, conteneva problemi anatomici. Per questo motivo Fred Meijer (patrono della copia in bronzo del cavallo americano) suggerì di coinvolgere la scultrice giappo-statunitense Nina Akamu (1955). Lobiettivo era quello di  migliorare il cavallo Dent-Herrick.

La Akamu studiò i disegni originali di Leonardo da Vinci. Inizialmente presentò un modello di circa tre metri di altezza. Successivamente realizzò un modello definitivo in argilla, alto poco più di sette metri, utilizzato per creare i caldi per la fusione del bronzo.

Il famoso “Horse That Never Was”, (il cavallo che non è mai stato) fu inaugurato il 10 settembre del 1999. Esattamente 500 anni dopo la notizia che il modello in argilla di Leonardo era stato distrutto dalle truppe francesi.

La LDVHF decise di donare la Statua alla città di Milano a condizione che venisse esposta in una località gradita dalla Fondazione stessa e in grado di garantire una sicurezza all’opera. Tra i vari luoghi proposti, la Fondazione scelse l’Ippodromo Snai San Siro. Fu posta all’ingresso della tribuna secondaria dell’Ippodromo e vennero saldati i sette pezzi in loco.

Concepito cinque secoli prima come un monumento al padre di un duca italiano, il Cavallo incompiuto è diventato un tributo internazionale all’ispirazione, al coraggio, alla determinazione, alla curiosità, alla creatività e all’immaginazione.

immagine in evidenza:revolweb


Cristina De Luca, grande appassionata di cavalli e amazzone. Nel 2009 consegue il Diploma di Maestro D’Arte, nel 2011 la Maturità in Arte di Grafica Pubblicitaria, Fotografia e Cinematografia. Nel 2019 si laurea in Beni Culturali presso l’Università del Salento. Ha unito le sue due grandi passioni (l’arte e la natura).

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Serena Cappello

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