metodi di addestramento

Metodi di addestramento: tutti rivendicano la propria superiorità

I metodi di addestramento sono tanti e variegati. Ciascuno afferma la propria superiorità. La querelle non è nuova.

Una delle cose che mi ha sempre interessato sono le tecniche di addestramento del cavallo. Mi sembra che negli ultimi anni il numero di modi diversi di addestrare i cavalli sia cresciuto in modo esponenziale. Continuo a vedere nuovi metodi di addestramento ovunque guardo!

Già qualche anno fa riflettevo sui diversi approcci e avevo (scherzosamente) individuato delle macro categorie:

I “tradizionalisti”, quelli che non devono chiedere mai, si appellano ai grandi classici.
I “sussurratori”, quelli che fanno appello a “uno a scelta tra tutti quelli venuti dopo Robert Redford”.
I “ribelli”, quelli che, invece, fanno appello al “nuovo che avanza”.

Ma quale tra i tanti metodi conducono a un buon addestramento e a una vera relazione con il proprio cavallo? Quali tra questi porteranno ad una risoluzione di un (eventuale) problema?

Nihil sub sole novum. La questione del metodo più efficace, quello che funziona davvero, è stata affrontata dai più grandi Maestri. Anche Étienne Beudant, il cavallerizzo mirabolante, affrontò il problema nel 1923 nel suo libro “Esterno e Alta Scuola”. Dedica un intero capitolo ai metodi più in voga e forse più discussi dell’epoca e lo apre con una semplice seppur esplicativa similitudine.

Sono poche le regole ferree da mettere in pratica. Ci sono dei principi, ovviamente. In pittura, ad esempio, serve il blu e il giallo per fare il verde, ma solo il tocco, il genio, dell’artista riesce a ricreare la sfumatura delle onde dell’Oceano e quella dei boschi e dei prati. Lo stesso vale per le regole dell’equitazione.

Sono passati quasi 100 anni dalle sue riflessioni, eppure sono ancora così eccezionalmente attuali. Si discute ancora come fare a scegliere il metodo giusto.

Non credo che un metodo sia intrinsecamente migliore dell’altro. Per questo motivo non è necessario scegliere. Penso che ogni cosa abbia un tempo e un luogo. Ciò che funziona per un cavallo non sempre funziona per un altro. Credo che sia bene essere aperti a tutte le forme di addestramento, purché siano positive e non arrechino danni all’animale o alle persone.

Infatti anche per Beudant, «una lotta crea i peggiori danni e, anche se non sempre provoca delle reazioni, lascia comunque delle brutte cicatrici nella mente del cavallo, sul suo corpo e sui suoi arti, generando delle tare, più o meno gravi. L’animale maltrattato si agita, poi, soprattutto se è nervoso, si fa prendere dal panico e si esaspera, e più si esaspera, meno capisce. Arriva anche a impuntarsi, contraendo tutti i suoi muscoli, e non riesco ad immaginare come sia possibile portarlo alla ragione, continuando a dargli addosso. La calma, e solo la calma, può riportare la regolarità delle andature che sono state rovinate. Questa è una delle parti più importanti dell’addestramento che non può essere affrontata con una lotta.»

Molte persone hanno un dono naturale che permette loro di comunicare efficacemente con i cavalli, hanno un modo di fare rassicurante e comprensivo senza essere esigenti, ma comunque assertivo. Altre persone devono impegnarsi molto per comunicare, perché in qualche modo lo trovano difficile. Tuttavia, anche se non viene naturale, se lo si vuole veramente, è possibile ottenerlo e imparare a riconoscere ciò che prova il cavallo, i suoi tempi e il suo equilibrio.

Secondo Beudant è necessaria un’attenta osservazione.

«Il cavaliere deve cercare il metodo più adatto alle sue capacità. Deve studiare il temperamento del soggetto che va ad addestrare, perché il temperamento varia da individuo a individuo e lo stesso principio si applica in modo particolare a ogni animale. […]

Quando, dopo attenta osservazione, si è quasi certi di aver agito in modo logico, di essersi fatti capire e di non aver involontariamente infranto le leggi della meccanica, gravando un arto che avrebbe dovuto essere alleggerito o commettendo qualche altro errore di questo tipo, allora, invece di punire, si deve mettere il cavallo in fiducia, farlo rilassare e provare di nuovo a farsi obbedire. Il cavallo, ripeto, risponde sempre in modo logico a quanto gli viene chiesto. Invece di cercare di costringerlo a rispondere come desiderate, dovete applicarvi a farlo bene. Il valore della risposta è sempre proporzionale a quello della richiesta. Se il cavallo non obbedisce, il cavaliere può incolpare solo sé stesso: è perché ha posizionato male il suo allievo o non gli ha dato l’impulso necessario.

In breve, “è attraverso delle azioni dolci, appropriate, che si porta il cavallo all’obbedienza evitandone la difesa” (Rousselet).

È l’applicazione coerente di questo principio, il cavallo diventa docile e franco, e lo si educa più facilmente seguendo, inoltre, la saggia raccomandazione del generale Faverot de Kerbrech: “Chiedere spesso, accontentarsi di poco, ricompensare molto.”»

Étienne Beudant, Esterno e Alta Scuola, Zoraide editore, 2016, pp. 132-143


Esterno e Alta Scuola
Étienne Beudant

Esterno e alta scuola di Étienne Beudant: è la prima e unica edizione italiana della pubblicazione del grande cavaliere francese. Si tratta di un’edizione evento in quanto riunisce in un unico volume l’edizione del 1923, la versione inedita del 1948 e dei testi inediti sul generale Faverot de Kerbrech.

Uno dei classici più letti della letteratura equestre. Un bestseller secondo le classifiche di IBS.IT

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