Perché il cavallo fa quello che fa? Il cavallo che salta intrepido ostacoli di un’altezza importante può poi spaventarsi per un gioco di luci e di ombre. Lo stesso cavallo che fugge terrorizzato per un fruscio tra i cespugli esegue complicati esercizi tra musica ad alto volume e bandiere. Questi comportamenti apparentemente contraddittori e a tratti imprevedibili si possono spiegare cercando di capire come il cavallo percepisce l’ambiente che lo circonda.
Il dr. Robert Miller nel suo libro I misteri del cavallo spiega che non è impossibile comprendere cosa pensa e come agisce e reagisce un cavallo. Secondo il veterinario americano tutto si può ricondurre a 10 caratteristiche fondamentali presenti nel DNA della specie, stabilite attraverso la selezione naturale. L’addomesticamento e la selezione artificiale ha certamente influenzato e modellato alcune caratteristiche, ma non ha potuto estinguere i tratti innati. La loro comprensione è utile per capire e decodificare la mente del cavallo.
Il comportamento primario di sopravvivenza di ciascuna specie è strettamente collegato alla sua anatomia. Corna, artigli, denti affilati sono tutte le armi che i predatori hanno in “bella vista”. I cavalli sono animali “disarmati” e per una specie da preda, il cui habitat naturale sono le ampie praterie, l’unica possibilità di sopravvivenza è una fuga veloce dal pericolo. Anche l’uomo è una specie anatomicamente disarmata ma ha saputo armarsi degli strumenti adeguati per poter vantare un posto importante (e a volte troppo crudele) tra i predatori. Pertanto, se vogliamo capire come pensa un cavallo dobbiamo allenarci a comprendere come percepisce l’ambiente che lo circonda. Molti comportamenti dei cavalli possono apparire poco brillanti ma assumono tutt’altro valore solo se si osservano dal punto di vista delle loro peculiari caratteristiche. L’uomo deve solo imparare ad apprezzare e rispettare un’intelligenza diversa dalla sua o da quella dei suoi “colleghi” predatori.
Il senso visivo, uditivo, olfattivo e tattile di ogni cavallo è sempre orientato a captare gli eventuali pericoli e, poiché è un animale “disarmato”, la sua unica difesa è quella di fuggire veloce da essi. Per questo motivo il cavallo è il più percettivo di tutti gli animali domestici. È chiaro che il cavallo non può “spegnere” i suoi sensi perché vi è un cavaliere sopra di lui. Il cavaliere attento, sensibile e competente da un lato saprà sfruttare le percezioni del cavallo per poter comunicare con lui più efficacemente dall’altro dovrà sempre essere consapevole che proprio l’estrema sensibilità dei suoi sensi indurrà il cavallo ad agire e reagire all’ambiente circostante e a tutti quei segnali che il cavaliere non saprà mandare in modo chiaro e univoco secondo i suoi schemi innati.
Il cavallo ha il tempo di risposta più veloce di qualsiasi altro animale domestico. È una caratteristica necessaria per poter spiccare una fuga veloce ed efficace. La consapevolezza di queste reazioni permetterà al cavaliere o qualsiasi altro professionista di lavorare con coscienza e sicurezza.
Anche se i cavalli sono delle creature estremamente timide, hanno la grande capacità di desensibilizzarsi agli stimoli più spaventosi con una velocità eccezionale, purché lo stimolo sia presentato correttamente. Questa disposizione è connaturata alla sua difesa primaria: se un cavallo non si desensibilizzasse velocemente a uno stimolo innocuo trascorrerebbe tutto il suo tempo a correre e non avrebbe il tempo materiale per fare altro.
Una desensibilizzazione veloce induce il cavallo a imparare velocemente. La capacità di apprendimento però non è limitata agli stimoli innocui o in generale a quelli positivi. I cavalli imparano con la stessa velocità anche le cose sbagliate e questo porta automaticamente alla caratteristica successiva.
I cavalli hanno una memoria eccezionale. Ricordano tutto: sia un’esperienza positiva sia una negativa. Si riesce a riorientare le loro reazioni a un determinato ricordo ma non si riuscirà mai a cancellarlo definitivamente. Ancora una volta si può riportare questa capacità al fatto che i soggetti con scarsa memoria, nel corso dei secoli, sarebbero fuggiti in continuazione dagli stessi stimoli generando serie difficoltà di sopravvivenza della specie.
Tutti gli animali che vivono in gruppo sono sottoposti a una gerarchia, nel senso che c’è il leader, i seguaci e tutto il resto. Il posto di un cavallo nella gerarchia è in qualche modo determinato dalla personalità di ogni soggetto. L’accettazione innata di un “capo” dà anche all’uomo la possibilità di essere riconosciuto come leader purché sappia conquistarsi il suo posto utilizzando atteggiamenti appropriati.
Il cavallo, come tutte le specie, è in grado di comunicare e interagisce con l’ambiente e con gli altri utilizzando un suo linguaggio del corpo. I movimenti degli occhi, delle orecchie, della testa, del collo, della coda, ecc. hanno significati specifici in base alla posizione o agli atteggiamenti che gli fanno assumere. È una lingua che a volte è più facile da capire, altre volte meno. Come tutte le “lingue straniere” sta studiata e imparata.
Poiché il cavallo non ha armi e la sua difesa dipende dalla fuga il ruolo di leader riuscirà a guadagnarlo chi sarà in grado di controllare i suoi movimenti. Nella pratica di tutti i giorni questo concetto vuol dire che per entrare nella mente del cavallo e catturare la sua attenzione gli si deve impedire la fuga. Controlla i piedi e controlli il suo comportamento.
Il cavallo è una specie precoce; nasce neurologicamente maturo e poco dopo la nascita, il puledro è in grado di stare in piedi, di seguire la madre e riconoscere i membri del branco. Il puledro neonato ha i sensi pienamente funzionali e nei primi momenti subito dopo la nascita la sua capacità di apprendimento (imprinting) è al massimo livello. Una vera finestra di opportunità per le persone che vogliono farsi accettare dal puledro come un elemento naturale dell’ambiente in cui condurrà la sua vita.
Non si arriverà mai a comprendere appieno la mente di un cavallo, lo stesso dr. Miller ripete sempre che sta ancora imparando. Ma capire che l’istinto di fuga è quel tratto a cui sono collegati tutti gli altri e che influisce sul modo in cui il cavallo percepisce, reagisce e interagisce con tutto ciò che gli ruota intorno, sicuramente aiuterà a gettare delle buone basi nel rapporto che si cerca di instaurare con lui.
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