Le sculture equestri sono presenti da millenni nella Storia dell’Arte e sono state utilizzate in modi e con scopi differenti.
Le statue equestri sono presenti da millenni, nella Storia dell’Arte. A seconda delle culture e delle epoche storiche, sono state utilizzate in modi e con scopi differenti. In Occidente la rappresentazione di una figura scultorea dedicata espressamente al cavallo, assieme al suo cavaliere, hanno trovato spazio sia durante il periodo classico antico che durante il Rinascimento. Se all’inizio non erano altro che rappresentazioni di una parte della realtà quotidiana delle popolazioni mediterranee, con il passare dei secoli sono diventate componente essenziale della propaganda politica.
Le statue equestri nell’epoca Classica
Per quanto riguarda il mondo occidentale, troviamo i primi esempi di sculture equestri nell’Antica Grecia, più precisamente nell’epoca arcaica. Si tratta di statue realizzate in marmo che, stando alle opinioni degli esperti, non sembra che rappresentino nessun personaggio storico o mitologico in particolare. Possono pertanto essere viste come la raffigurazione di un cavallo e di un cavaliere ideali.
È nell’Antica Roma, che si manifestano le prime intenzioni di utilizzare le sculture equestri come mezzo per commemorare la memoria di personaggi realmente esistiti. Normalmente questo avviene in onore di un eroe militare che si è distinto in battaglia, oppure per alimentare la propaganda dei governanti. Il materiale utilizzato in questo periodo è il bronzo, spesso rivestito con uno strato dorato. È una caratteristica che ha fatto sì che buona parte delle statue venisse distrutta per fondere nuovamente il metallo, motivo per cui, ad oggi, è pervenuta per intero solo l’imponente scultura equestre dedicata a Marco Aurelio.
Il Rinascimento e la commemorazione attraverso l’arte equestre
Dopo l’epoca romana antica inizia un lungo periodo, in cui la scultura equestre in bronzo perde progressivamente il suo ruolo di protagonismo, per diventare pian piano un elemento decorativo che fa parte di un tutto più ampio. Si hanno notizie di alcune statue equestri realizzate in vari materiali naturali, come il marmo, la pietra o il legno. Man mano che prende piede la necessità di narrare le vite dei santi, piuttosto che quelle dei monarchi, la rappresentazione del cavallo e del cavaliere diventano necessarie soltanto in funzione di una narrativa liturgica. Esistono, comunque, esempi di arte funeraria in cui questo motivo decorativo permane.
È con il Rinascimento, ovvero nel XV secolo, che si tornano a vedere nuovamente sculture equestri realizzate con il bronzo. Tra queste, divenne un iconico punto di riferimento il monumento al Gattamelata realizzato da Donatello a metà del ‘400. L’epoca barocca, invece, vede il trionfo delle opere scultoree di Gian Lorenzo Bernini, che arrivò a scolpire un monumento equestre da collocare nei giardini di Versailles e raffigurante il Re Sole, Luigi XIV. Anche Antonio Canova ricevette, da diversi sovrani borbonici, delle commissioni da sviluppare sotto il concetto dell’arte equestre, mantenendolo vivo anche in epoca neoclassica.
È una tradizione comune, anche se ormai sempre meno conosciuta e diffusa, quella di associare la posizione delle zampe del cavallo alla morte del cavaliere che viene raffigurato sulla sua groppa. Se il cavallo è impennato, pare che il cavaliere sia perito in battaglia, ma le quattro zampe piantate a terra indicano che l’uomo non è morto per colpa della battaglia. Una zampa anteriore sollevata, infine, indica che la morte è sopraggiunta in seguito a una ferita da guerra.